Stimolare la fruizione più coinvolta e attiva di un percorso espositivo attraverso le nuove tecnologie per arrivare a un pubblico diversificato: questo è uno dei temi principali del convegno che ha concluso una fortunata esperienza di ricerca dell’Università Ca’ Foscari di Venezia sulle tematiche di una rinnovata fruizione delle arti visive, in particolare attraverso il medium multimediale, che ha dato luogo alla mostra “Nigra sum sed formosa. Sacro e bellezza dell’Etiopia cristiana” nel 2009.
Il 10 febbraio 1344, la città di Treviso si dà spontaneamente alla Repubblica di Venezia con un atto solenne e formale. Venezia però aveva già di fatto ottenuto la città nel 1338: perché allora questo atto? La tesi sostenuta da Marco Francescon individua nella dedizione, più che il fondamento popolare di legittimazione del dominio veneziano sulla città di Treviso, la conseguente sistemazione nell’ordo juris terreno di un dominio già legittimato in virtù della volontà di Dio.
La Grande Guerra travolse le opere d’arte fisicamente e simbolicamente: bisognose di protezione, ma al contempo veicoli di messaggi di alto impatto emotivo, furono esplicitamente assorbite nel gioco propagandistico. In Italia protagonista assoluto fu Ugo Ojetti, celebre critico del “Corriere della Sera”, arruolato dall’esercito con il preciso compito di garantire la tutela dei monumenti. Questo libro ne ricostruisce la singolare esperienza, sullo sfondo della tragedia collettiva.
Storici dell’arte, della società e dell’economia si confrontano nella discussione sul mercato dell’arte nell’età moderna, come luogo di produzione del valore dell’opera d’arte. Analizzando la Mantova dei Gonzaga e la Ferrara degli Estensi, il risultato è un’indagine sulla committenza (causa prima della produzione artistica) e sul collezionismo (processo di assemblamento di opere), dove il mercato dell’arte risulta cerniera tra i due poli distinti ma relazionati.
Nel dicembre del 2001 Lionello Puppi, uno dei maggiori storici dell’arte italiani, per molti anni professore nelle Università di Padova e Venezia, ha compiuto 70 anni. A celebrare la ricorrenza, Giuseppe Barbieri e Loredana Olivato curano una miscellanea che si presenta come un autorevole bilancio degli strumenti e dei problemi aperti sul fronte articolato delle scienze umane. La testimonianza contiene i contributi grafici di Altan, di architetti come Calatrava, Botta, Bellavitis, Niemeyer, Siza, un ritratto di Puppi a opera di Renato Balsamo, saggi di Massimo Cacciari, dello scrittore Eduardo Galeano, e di studiosi di letteratura, arte, matematica tra cui Fernando Bandini, Vittore Branca, Alberto Tenenti, Krzysztof Pomian. Il gran numero di studiosi, oltre 50 provenienti da una quindicina di Paesi, corrisponde all’inesauribile paesaggio delle ricerche di Puppi, nelle quali, in quasi cinquant’anni di pubblicazioni (il volume si conclude con la bibliografia completa), si sono mescolati storia della pittura, dell’architettura, dei giardini, problemi di critica d’arte, rapporti e consonanze con la storia tout court e la letteratura, con la musica, la filosofia e il cinema, con la semiotica e la storia delle idee, e questioni di metodologia.
Una mamma trentenne, piena di entusiasmo e ironia, si ritrova a un certo punto a cambiare vita, rimettendo in discussione tutti i suoi equilibri e le sue sicurezze. Tra scene esilaranti ed emozioni sincere, ci trasporta in una serie di avventure in cui tante donne potranno riconoscersi. Sullo sfondo un ritratto ironico e pungente di una certa provincia trevigiana tratteggiato da un disarmante lessico familiare. Irresistibilmente ottimista, con un finale all’insegna della conquista dell’autonomia.
Un’esperienza di vita che è anche un viaggio. Un viaggio in una delle tante Afriche rurali, lontano dalla nostra quotidianità, ma anche un viaggio nel mondo della cooperazione internazionale, cercando di capire un po’ come vanno le cose. Varie modalità di racconto si susseguono, seguendo i diversi stati espressivi dell’autore, nel costante tentativo di comunicare, di far sorridere, di stimolare il dubbio e l’immaginazione.
Sul finire dell’Ottocento, la morsa della fame e la speranza di una vita migliore scatenarono un vero esodo dalle campagne venete verso la “Merica”: Dino Speranzon ci racconta con lirico realismo la storia dei suoi nonni, reclutati con l’inganno in una fazenda brasiliana per rimpiazzare la manodopera in seguito all’abolizione della schiavitù. In un crescendo di disperazione, i due giovani troveranno nell’amicizia e nell’amore per la famiglia la forza di resistere a ogni ostacolo.
Primo volume “italiano” di testi poetici di Dmitrij Prigov (1940-2007), una delle figure centrali dell’arte non-ufficiale e del cosiddetto concettualismo moscovita. In questa raccolta confluiscono componimenti in cui la lingua, apparentemente scalzando l’autore stesso, assume il ruolo di strampalata regina, capace di cannibalizzare pensieri, concetti e idee “frullandoli” e ridistribuendoli su coordinate semiserie, come un grafomane che tentasse di gestire gli involucri verbali di un’ideologia (qui nella sua variante sovietica) senza conoscerne o mal padroneggiandone i contenuti. Ma l’impressione è ingannevole: dietro le quinte, da regista sapiente e occulto, Prigov ci invita a guardare con sospetto la serietà (e talora l’atrocità) degli argomenti che i testi porgono al lettore. Di più: egli mette in crisi ogni nostra idea assodata di poesia, instillando il dubbio che essa possa davvero farsi latrice di pensieri e sentimenti.
In un paesino del Trevigiano vicino alla Pedemontana, qualcuno riceve una strana lettera, scritta in un italiano stentato: la famiglia Moretto scopre così di avere uno “zio d’Australia”, emigrato giovanissimo sessantasei anni prima e di cui si erano perse le tracce. Giunto alla fine dei suoi giorni, Fausto Moretto, ormai stabilito nella remota Meekatharra, dopo una vita di avventure a volte bizzarre e duro lavoro nelle ferrovie australiane si decide a cercare il contatto con il “nido”, a lungo rimandato anche per la vergogna di non essere uno di quelli che “ce l’hanno fatta”. I principali spunti di questo romanzo sono fatti veri, che molte famiglie non solo venete riconosceranno nella loro storia personale. Un omaggio a tutti quelli che prendono in mano il loro destino per crearsi un’esistenza migliore e affrontano la vita di petto.