La Fondazione Benetton Studi Ricerche promuove annualmente, dal 1990, una campagna di attenzioni verso un luogo particolarmente denso di valori di natura, di memoria e di invenzione. Il vincitore dell’edizione 2013 è Skrúður (Skrudur), un orto riposto sulla riva di uno dei fiordi che solcano la regione nord-occidentale dell’Islanda, a pochi chilometri dal circolo polare artico. Adagiato su un declivio che guarda a sud-ovest verso la lingua d’acqua del Dýrafjörður, è circondato alle spalle dalla cortina solenne di montagne dai fianchi mossi dall’erosione glaciale e a valle da un terreno brullo che digrada verso la riva del fiordo. Con la scuola, la chiesa e la fattoria di Núpur compone un luogo nel quale una comunità ha avviato all’inizio del XX secolo un progetto che in questa terra si presenta come sfida a condizioni ambientali estreme e a pressanti istanze di miglioramento della condizione umana: coltivare la terra e avere cura di un processo indirizzato alla conoscenza, all’educazione e all’elevazione sociale. Skrúður è in sé un presidio e un crogiuolo: il suo recinto descrive una condizione che cerca un punto di contatto tra due mondi, quello della confidenza e della fiducia nel coltivare la terra, e quello dello sguardo cosciente sulla vastità di luoghi che accompagnano la stessa esperienza umana.
La Fondazione Benetton Studi Ricerche promuove annualmente, dal 1990, una campagna di attenzioni verso un luogo particolarmente denso di valori di natura, di memoria e di invenzione. Il vincitore dell’edizione 2013 è Skrúður (Skrudur), un orto riposto sulla riva di uno dei fiordi che solcano la regione nord-occidentale dell’Islanda, a pochi chilometri dal circolo polare artico. Adagiato su un declivio che guarda a sud-ovest verso la lingua d’acqua del Dýrafjörður, è circondato alle spalle dalla cortina solenne di montagne dai fianchi mossi dall’erosione glaciale e a valle da un terreno brullo che digrada verso la riva del fiordo. Con la scuola, la chiesa e la fattoria di Núpur compone un luogo nel quale una comunità ha avviato all’inizio del XX secolo un progetto che in questa terra si presenta come sfida a condizioni ambientali estreme e a pressanti istanze di miglioramento della condizione umana: coltivare la terra e avere cura di un processo indirizzato alla conoscenza, all’educazione e all’elevazione sociale. Skrúður è in sé un presidio e un crogiuolo: il suo recinto descrive una condizione che cerca un punto di contatto tra due mondi, quello della confidenza e della fiducia nel coltivare la terra, e quello dello sguardo cosciente sulla vastità di luoghi che accompagnano la stessa esperienza umana.
Il territorio veronese è stato, dall’epoca romana a quella asburgica, un centro strategico-militare di primaria importanza per il controllo dell’area padana ed il suo collegamento con l’area germanica. La città ha rappresentato nel risorgimento italiano l’obiettivo “ centrale” di ogni campagna militare. È in quest’area che si concentra l’enorme impegno finanziario e militare dell’Impero austro-ungarico che vede Verona quale centro della regione fortificata del Quadrilatero (Verona, Peschiera, Mantova, Legnago).
Al rinnovo delle cinte murarie segue la realizzazione di numerosi forti che circondano le piazzeforti integrate dai campi trincerati di Pastrengo e Rivoli.
Come testimoniano le splendide fotografie di questo volume, l’area veronese che va dal Lago di Garda alle prealpi del Baldo e dei Lessini, ai fiumi Adige e Mincio può definirsi un “territorio fortificato”, un patrimonio storico che per estensione e qualità architettonica ed ambientale è tra i più importanti in ambito europeo.
Atti del Convegno “Tomaso da Modena a Treviso. Pitture murali trecentesche restaurate nel Veneto Orientale” (Treviso, Museo Civico di Santa Caterina, 22 aprile 2010).
La città di Treviso conserva eccezionali testimonianze del lungo soggiorno in città del celebre pittore modenese.
I saggi prendono in esame le opere di Tomaso da Modena presenti nella chiesa di San Nicolò, il pregevole ciclo di affreschi delle Storie di sant’Orsola ora collocate nel Museo Civico di Treviso e il restauro degli affreschi di Guariento nella Reggia Carrarese di Padova.
Una poco nota famiglia cittadina veneziana e alcuni suoi protagonisti; Domenico Zono: una grande ma dimenticata figura di prelato (che cambiò nome), una diocesi cretese e un inedito ritratto di Tiziano.
La penna di Lionello Puppi descrive magistralmente le vicessitudini di questo inedito dipinto di uno dei più grandi artisti del Rinascimento.
Dopo la fortunatissima prima edizione de I dolci segreti dei pasticcieri padovani, a meno di un anno di distanza esce il secondo volume che raccoglie 23 nuove ricette proposte da alcuni dei più rinomati pasticcieri padovani. Un volume riccamente illustrato, e che comprende anche una breve descrizione di ogni pasticceria e del suo Maestro pasticciere, che racchiude le dolci specialità di ognuno di loro. Chi lo desidera può cimentarsi in quest’arte seguendo le ricette proposte che sono illustrate e spiegate in modo chiaro e completo.
Fin dalla sua introduzione nella dieta tridentina del ‘500 come piatto povero, lo stoccafisso – o baccalà, come viene comunemente chiamato in Veneto – è stato reinterpretato e reso proprio dalla cucina regionale, trasformandosi da cibo popolare a prelibatezza per i palati più esigenti e diventando uno dei piatti simbolo della tradizione gastronomica veneta. In questo volume, dopo un’introduzione storica che ne illustra caratteristiche, peculiarità e curiosità, lo stoccafisso e il baccalà diventano ingredienti principali di otto ricette della tradizione e 34 proposte creative che reinterpretano in modo originale e moderno uno dei piatti più gustosi e inconfondibili della nostra cucina.
La cucina padovana è soprattutto cucina veneta, tuttavia gli chef del territorio hanno saputo presentare in questo volume, tutto illustrato, anche molte ricette tipicamente padovane che davvero rischiavano di perdersi per sempre e di cui forse pochi hanno ancora memoria, quali i menai – una minestra di mais e ossi di maiale – e la smegiassa, una torta a base di melassa.
50 ricette della tradizione con i prodotti tipici del territorio padovano.
La cucina vicentina è forse una delle cucine venete che meglio conserva le proprie tradizioni. Numerosi infatti sono ancora i ristoranti e le trattorie dove, per fortuna, si possono degustare ottimi baccalà alla vicentina, un tempo piatto povero, ora non più, deliziose panà con formaggio stravecio e porcini, e poi ancora gnocchi con la fioretta (una sorta di ricotta, ma più liquida), torresani di Breganze con polenta onta (giovani piccioni allo spiedo), cappon alla canevera… E queste sono solo un assaggio delle 50 ricette – tutte illustrate – presentate in questo volume proprio da quei ristoratori vicentini che lavorano quotidianamente per mantenere vive le proprie tradizioni.
Anche in Polesine, nonostante i pregiudizi che lo circondano, esiste una cucina caratteristica, un’arte culinaria più o meno raffinata basata su tradizioni distinte che affondano nel tempo. Da Melara in giù, infatti, tra Adige e Po, esistono piatti e consuetudini assolutamente originali, come ben dimostra questo libro, che costituisce probabilmente la prima seria raccolta di ricette polesane. Ricette che sono state fornite dalle trattorie e dai ristoranti stessi di tutto il Polesine.
Troveremo così piatti squisiti – e tutti illustrati – come il bundlin, introdotto dalle tagliatelle e dai fagioli, cotti nello stesso brodo del salame, la faraona in tecia, la cacciagione verso Loreo, Contarina, Polesella, i malafanti, la mistoca, il sabadun, i mitici bisati del Delta…