“Questa non è una tavola” avrebbe detto René Magritte.
E in effetti, le Tavole Fiorite sono il racconto di passeggiate in campagnae nei boschi, fatte con lo sguardo dei bambini che tornano a casa carichi dei loro tesori: fiori, bacche, legni e piccoli frutti. Sono questi elementi semplici, sapientemente combinati, a rendere più preziosa qualunque tavola. Perché le mele mutano in gnomi segnaposto, il muschio diventa un vaso, i fiori si trasformano in tovaglie, e l’attesa si fa dolce.
Il 3 e 4 maggio 2012, si è tenuto a Possagno il Terzo Convegno sulle Gipsoteche, organizzato dalla Fondazione Canova, dall’Associazione internazionale delle Gipsoteche (ICPM), dal Ministero per i Beni e Attività culturali – Soprintendenza ai Beni Storici Artistici e Demoantropologici del Veneto. Questo volume racconta il terzo appuntamento internazionale di studio e ricerca, ponendo a confronto esperti delle più importanti Gipsoteche europee; intende, inoltre, approfondire ed evidenziare la trasformazione di ateliers e luoghi dove sono vissuti gli scultori in sedi museali, affrontando i particolari problemi di esposizione, conservazione, fruizione dei beni artistici di gesso e documentali in essi contenuti. 30 relatori provenienti da altrettante realtà museali italiane, francesi, spagnole, svizzere e danesi si sono relazionati nel corso delle due giornate, facendo conoscere molti scultori che hanno avuto relazioni anche con Canova.
Coedizione Fondazione Benetton Studi Ricerche – Antiga Edizioni
La Giuria del Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino dedica la venticinquesima edizione della campagna annuale di attenzioni scientifiche e culturali a Osmače e Brežani, due villaggi dell’altopiano sopra Srebrenica, territorio della Bosnia orientale stretto dentro i profondi canaloni di una grande ansa della Drina, fiume cruciale della storia e della cultura europea.
Insieme, Osmače e Brežani, compongono uno dei luoghi nei quali la guerra 1991-1995 ha devastato una convivenza multietnica e multiculturale di lunga durata e nel quale, oggi, un piccolo gruppo di giovani, allora bambini, sta cercando, con le proprie famiglie, di trovare la strada del ritorno e la trama della memoria, di rinnovare il legame necessario tra spazio da abitare, terra da coltivare, casa da ricostruire, condizione umana da conquistare. L’esperienza di questi villaggi si muove con coraggio sul terreno sperimentale di nuove colture, in particolare piccoli frutti e grano saraceno, affiancata da molteplici iniziative di sostegno ideale e pratico. Ci aiuta a capire il “ritorno alla terra” come nuova vita degli ambienti fisici e umani, come energia ricostitutiva della convivenza, intesa non come distribuzione di posti ai diversi ma come compresenza di diversi nello stesso posto.
Il Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino promuove annualmente una campagna di attenzioni verso un luogo particolarmente denso di valori di natura, di memoria e di invenzione, contribuendo a elevare e diffondere la cultura di “governo del paesaggio”. Il luogo premiato nell’edizione 2012 è disegnato da un meraviglioso insieme di alcune migliaia di grandi alberi, cinquecento dei quali sono faggi secolari. Un bosco difesa di un centinaio di ettari. Un pascolo alberato nei dintorni di Pescocostanzo, nelle montagne d’Abruzzo, testimone vivente di una civiltà agro-silvo-pastorale plasmata dal rapporto con la natura, con la propria memoria e con il sacro. Un laboratorio di conoscenze, di tecniche, arti, mestieri, norme, pratiche di lunga tradizione che ci inviano attualissimi cruciali interrogativi economici e antropologici. A partire da questo caso, specialmente intenso, la riflessione si allarga al tema più generale del bosco, dei boschi, come figure di paesaggio simboliche, anche per le metamorfosi del loro significato e del loro ruolo nel faticoso itinerario di riconciliazione con la natura sul quale sembra incamminarsi, se non altro per sopravvivere, la nostra attuale sensibilità. Con la varietà dei loro caratteri e dei loro usi, con il loro valore di beni comuni, dotati di lunga durata e di persistente statuto in tante attuali esperienze concrete, i boschi ci spiegano con semplicità come la loro conservazione e il loro rinnovo presupponga presenze quotidiane di manutenzione e comunità lungimiranti di buongoverno.
Catalogo della prima mostra italiana (Venezia, Ca’ Foscari) dedicata a Viktor Efimovich Popkov (1932-1974), uno dei più straordinari artisti russi della seconda metà del XX secolo. Il catalogo raccoglie 40 opere di questo sorprendente e originale maestro, scomparso prematuramente e tragicamente; i suoi dipinti rappresentano un caso unico che attesta come l’arte contrassegnata da un vero spirito popolare sia richiesta a gran voce tanto in Russia quanto in Occidente. Popkov si può definire un artista non ufficialmente sovietico, ma esistenziale, che rispecchia nella sua opera profondi problemi umani – la solitudine, la vulnerabilità delle relazioni umane, il terrore della morte, l’autodeterminazione dell’artista… –. La retrospettiva veneziana sull’opera di Popkov è arricchita dalle foto di Igor’ Pal’min, creatore di una delle più imponenti cronache fotografiche della vita artistica di Mosca degli anni Settanta e Ottanta, di un’intera galleria di “ritratti” dei suoi membri, e insieme maestro della fotografia di architettura.
Villa Della Torre si pone come unicum nel panorama delle ville venete: costruita sulla base del modello vitruviano della domus romana, è al centro di un articolato intreccio di intellettuali e di artisti uniti dall’appartenenza al clima culturale dell’Evangelismo. La recente acquisizione di villa Della Torre da parte della famiglia Allegrini, con i restauri approntati e la sua rinascita offerta al godimento dei visitatori, è l’occasione per una riconsiderazione dell’intero complesso. Ne scaturisce una riproposizione su solide basi dell’attribuzione del progetto a Giulio Romano, con l’ausilio di artisti a questo legati, e attraverso il quale si inserisce con tutta probabilità anche l’intervento di Michele Sanmicheli per il tempietto, a completamento dell’“itinerario spirituale” voluto dalla famiglia Della Torre. Affidato alla cura di Pierpaolo Brugnoli, autore di innumerevoli studi sulla storia dell’arte e dell’architettura veronese, il volume si avvale dei contributi di numerosi studiosi che lavorano e si sono formati in particolare entro l’Università di Verona e il Centro di Documentazione per la Storia della Valpolicella, tutti accomunati da un approccio caratterizzato da un serrato confronto tra i dati materiali e documentari. Con le introduzioni di Loredana Olivato, docente e studiosa di arte e architettura del Cinquecento veneto, e di Adriano Prosperi, massimo studioso dei movimenti politico-religiosi e della cultura del Cinquecento italiano, il volume è integrato da alcuni saggi esemplificativi delle possibili letture offerte dal complesso e da un’ultima sezione dedicata al contesto agrario e alla cultura gastronomica del periodo di massimo splendore di villa Della Torre.
Scultore, xilografo, pittore, medaglista, con un’incursione persino in campo cinematografico come autore di disegni e schizzi per un film premiato alla 5a Mostra Internazionale d’Arte cinematografica di Venezia, Publio Morbiducci (Roma, 28 agosto 1889 – 31 marzo 1963) fu un artista a tutto tondo.
Il catalogo ragionato, a cura di Francesco Parisi, documenta, attraverso la riproduzione di oltre 700 opere, il ruolo di innovatore svolto da Morbiducci in una stagione di traghettamento del mezzo xilografico, che progressivamente abbandona le ansie vitalistiche e le enfasi retoriche del Liberty per recepire un segno più sintetico e un’iconografia più scabra. L’artista risente fortemente dell’influenza prima di Duilio Cambellotti, conosciuto ai tempi dell’apprendistato presso l’Istituto delle Belle Arti, poi di Lorenzo Viani, il cui stile grafico segna una rottura profonda e sostanziale con tutti gli schemi precedenti. Morbiducci raggiunge l’apice del successo alla fine degli anni Trenta, come confermato dalla nomina a membro dell’Accademia di San Luca (1937). Nel 1950 è nominato commissario alla Biennale di Venezia.
Il volume, attraverso la produzione di Morbiducci, consente di ripercorrere anche le vicende dell’arte xilografica, che conosce i maggiori fasti dagli anni Dieci agli anni Venti del Novecento, soprattutto grazie alla rivista “L’Eroica” fondata da Ettore Cozzani nel 1911, per conoscere un declino a partire dagli anni Cinquanta.
Il volume è dedicato alla storia dell’impianto idrovoro di Portesine alla Fossetta. Situato nei pressi della confluenza in Sile dell’antico canale navigabile della Fossetta l’impianto risulta fondamentale per il prosciugamento della pianura trevigiana tra Sile Nuovo e Piave Vecchia. Nella prima parte del volume, Francesco Antoniol illustra la storia del sistema idraulico di quella porzione di territorio con particolare riferimento ai cambiamenti apportati dall’apertura del Taglio del Sile e alle soluzioni proposte per ovviare all’impaludamento della campagna retrostante. Il progetto di bonifica proposto negli anni venti del Novecento porterà alla costruzione dell’impianto idrovoro, descritto nella seconda parte del volume. Nella terza, Luigino Pretto illustra le caratteristiche dell’attività di bonifica in epoca contemporanea analizzandole soprattutto alla luce delle attuali norme di legge. Chiude il volume un breve accenno al progetto di valorizzazione turistica dell’impianto idrovoro.