Nel centenario della morte di Giacomo Matteotti, il catalogo della mostra omonima “Giacomo Matteotti. Una storia di tutti” è occasione privilegiata per rileggere, attraverso le fonti documentarie, una vicenda che ancor oggi dopo un secolo di storia ci ripropone il racconto di un uomo che sarebbe diventato un martire del socialismo e della libertà di pensiero nell’oscura età del fascismo, di esperienza politica vissuta tra la sua gente impegnandosi per la dignità dei lavoratori uniti nelle leghe e nelle cooperative. Con l’impegno e il finanziamento del Ministero della Cultura, queste importantissime fonti – provenienti per lo più dall’Archivio di Stato di Rovigo, – sono state riordinate, inventariate e infine restaurate ovvero restituite alla loro piena intrinseca funzionalità anche per l’attuale finalità espositiva.
Si farebbe un torto alla straordinaria figura di questo adamantino politico se non si cogliesse l’occasione di tali celebrazioni per approfondire il suo legame con il territorio andando nel piccolo borgo di Fratta Polesine a scoprire, o riscoprire, la sua casa (lasciata in eredità all’Accademia dei Concordi e gestita dal Comune) diventata pubblica come museo e, insieme, la tomba di famiglia, dove le sue spoglie offese dalla brutalità dell’assassinio hanno trovato il conforto finale. Il progetto di valorizzazione è finanziato dalla Regione del Veneto.
La mostra (Rovigo, Palazzo Roncale) è aperta fino al 7 luglio 2024.
Osservare il Cadore dall’alto dei campanili dei vari paesi sparsi a macchia di leopardo lungo i declivi delle Dolomiti, offre una nuova, epifanica prospettiva. Questo libro fotografico è un viaggio e insieme una riscoperta. Ogni singolo scatto propone una riflessione, una visione dall’alto delle varie comunità di montagna portando lo spettatore a indagare sulla modellazione del paesaggio e sulla vitalità delle varie comunità. Vito Vecellio sembra dotato di un potere, quello di valorizzare ed entrare in simbiosi con la luce, che differente si esprime in ogni paese. A questa capacità si unisce la caparbietà. Perché per arrivare a certi scatti occorre tempo, abnegazione, anni che ha dedicato allo studio. Il sacrificio del suo impegno per perseguire un progetto artistico e legato al simbolo arcaico del campanile appare oggi come qualcosa di rivoluzionario. A sostenere la riflessione una breve sintesi storica curata da Matteo Da Deppo che ha raccolto una serie di aneddoti, racconti e avvenimenti accaduti sulle varie torri campanarie che danno enfasi e supporto critico al libro. Un consiglio a chi guarderà questo libro: non è consentita la fretta.
10 itinerari per riscoprire 117 campanili a Venezia. Qualcosa che abbiamo sempre visto nel panorama veneziano ma che spesso lasciamo alle nostre spalle senza soffermarci sulla loro storia, sulla struttura e sulla posizione, ignorando le curiosità che li accompagnano. Nella produzione libraria nella storia ci sono moltissimi libri sulle chiese di Venezia, ma solamente quattro di questi parlano espressamente dei campanili. Questo libro è un compendio di tutte le notizie disponibili oggigiorno su questi storici manufatti, una minuziosa raccolta di tutti i dati dispersi fra internet, biblioteche e saggi, che il lettore può ritrovare in un unico volume e andare a sfruttare sul campo.
Un lavoro, questo, che non è solamente un utile strumento di conoscenza, ma che ha anche, inevitabilmente, il valore dell’esperienza personale, quale cronaca di una riappropriazione. In esso traspare una passione per la percezione dello spazio di Venezia, che genera emozioni da trasmettere e condividere.
La bicicletta. È difficile pensare a un oggetto che rappresenti meglio il Veneto e la sua prodigiosa trasformazione nel corso degli ultimi centoventicinque anni. È al contempo uno strumento necessario per il rapido sviluppo economico, in quanto insostituibile primo mezzo di celere trasporto da casa al luogo di lavoro e viceversa, nonché fulcro esso stesso dei processi produttivi, come è dimostrato dallo straordinario sviluppo del settore ciclistico nell’industria veneta.
Un legame profondo, trasferito di generazione in generazione, che ha reso possibile la preminenza mondiale delle nostre imprese nel settore della bicicletta e dei suoi componenti. Proprio in questo senso nessun altro oggetto rappresenta il tangibile legame tra il passato e il presente di questa regione.
Questo libro cerca di riconoscere alla bicicletta il ruolo che le spetta nei molteplici aspetti dell’evoluzione del Veneto: culturale, imprenditoriale e, in ultima analisi, sociologica.
Nell’arco di ottant’anni di fotografia, Elio Ciol ha contemplato la natura ed ha osservato – con partecipazione profonda – la gente alle prese con le mille sfumature della quotidianità. Ma si è anche posto in dialogo con l’arte e gli artisti. Ne è sortita una lunga esplorazione del mondo della pittura e della scultura, spesso in rapporto agli spazi architettonici, che ha permesso a Ciol di costruire un imponente archivio, ben noto per vastità e qualità delle riproduzioni. In quelle fotografie, però, c’è qualcosa di più della grande perizia tecnica. Ciol ha saputo spingersi fra le pieghe dei panneggi, “entrare” nei racconti scolpiti o dipinti e muovere lo sguardo intorno, cogliendo la disposizione dei personaggi e i loro giochi di relazione come se ne facesse egli stesso parte, come se si trattasse di un tessuto vivo da restituire a una sonorità perduta.
È per questo che le sue fotografie paiono aver diritto a inserirsi nella medesima categoria critica delle opere alle quali si riferiscono, espressione di un’arte che riflette visivamente su se stessa.
Si tratta di un volume collettivo che mette insieme gli sguardi di oltre venti autori, per lo più messicani, per raccontare in modo scientifico e insieme semplice, dal punto di vista di discipline differenti che vanno dal paesaggismo all’architettura, dall’arte all’ecologia, dall’archeologia alla geologia, e attraverso lo sguardo anche di diversi fotografi contemporanei e dei primi del Novecento, il luogo al quale la Fondazione Benetton dedica la trentatreesima edizione del Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino: l’Espacio Escultórico nel Pedregal de San Ángel, a Città del Messico.
Il libro di 300 pagine è corredato da oltre 300 immagini, ed è strutturato in 5 sezioni: I. L’Espacio Escultórico nello sguardo del paesaggismo, dell’architettura, dell’arte e della fotografia; II. Il suolo del Pedregal, la vita universitaria, la città e il rapporto con la natura di un paesaggio vulcanico; III. L’Espacio Escultórico: costruzione artistica di un paesaggio; IV. Forme di insediamento, architettura e urbanizzazione nel Pedregal; V. “Pretesto” e “contesto” del Pedregal e dell’Espacio Escultórico.
Al centro un luogo segnato da un’opera d’arte scultorea collettiva creata nel 1979 su una distesa lavica – il Pedregal de San Ángel, nel sud della megalopoli di Città del Messico – nel cuore di una Città Universitaria (dell’UNAM) e della sua Riserva Ecologica. Si tratta di paesaggio straordinario, un ecosistema frutto dell’eruzione del vulcano Xitle (circa 2000 anni fa), e in continuo divenire. Un paesaggio di pietra, ricco di una natura vegetale e animale varia e preziosa in termini ecologici e storici, un monito per il presente e per il futuro, al quale la lungimiranza progettuale dell’Università Nazionale Autonoma del Messico e la potenza dell’arte hanno saputo dare voce allora, e al quale il Premio Carlo Scarpa ha scelto di dare nuova risonanza ora con le sue attività e in particolare con questo volume.
Donna in scena è il titolo del catalogo dell’omonima mostra promossa dal Comune di Treviso, per conto dei Civici Musei, che sarà aperta al Santa Caterina dal 13 aprile al 28 luglio 2024, con la curatela scientifica del Direttore Fabrizio Malachin.
Riunisce ben 130 dipinti, spesso di grandi dimensioni, accanto ad una folla di abiti e di accessori: borsette, ventagli e cappelli di un’epoca che va tra il tramonto dell’Ottocento i decenni di una Belle Époque europea, e lo scoppio della Grande Guerra e il suo Dopoguerra. Poco meno di mezzo secolo in cui, archiviate le battaglie delle suffragette, le donne si conquistano il diritto a essere protagoniste. E si fanno raffigurare, spesso a grandezza naturale, in abiti scintillanti, sicure di sé. E per farsi ritratte chiamavano gli artisti più in voga: Boldini, Corcos, Milesi, Tito, Erler, Tallone, Grosso, Selvatico, Nono, Beltrame.
Una mostra – catalogo d’arte, ma con lo sguardo rivolto a comprendere il significato più profondo della femminilità in quest’epoca. Toscanini, la marchesa Luisa Casati, Lina Cavalieri, Lyda Borelli, Virginia Reiter, Tina di Lorenzo, fino a Eleonora Duse o al personaggio letterario di Margherita Gauthier, solo per citarne alcune.
In catalogo anche due saggi che raccontano cosa significa modernità nel territorio sotto l’aspetto degli investimenti pubblici, della rinascita di teatri, della nascita della nuova borghesia. Una narrazione affascinante nel bel mondo tra Otto e Novecento, profondamente attuale. Un mondo in equilibrio fra tradizione e progresso, in cui la donna conquista spazi di libertà e indipendenza.
In queste pagine, Luciana Crosato Larcher rivela che un tempo, dietro l’imponente facciata di Palazzo Giacomelli, seicentesca residenza affacciata sul fiume Sile a Treviso, esisteva un raro e inatteso giardino di cactus, realizzato da Angelo Giacomelli. All’inizio dell’800 Angelo si dedica alla coltivazione di piante esotiche e pubblica nel 1842 il Catalogo delle cactee coltivate da Angelo Giacomelli in Treviso. Il Catalogo, ripubblicato all’interno di questo volume in anastatica, permette di ipotizzare che le cactee coltivate dall’appassionato botanico si aggirassero attorno agli ottocento esemplari, collezione che doveva essere un’eccellenza, tanto che, tre anni dopo la pubblicazione, Giacomelli riceve dall’Orto Botanico di Padova, il primo premio “Collezioni più complete e rare”, fra cui si ricorda un Echinocactus iroratus, di un metro e 40 centimetri di circonferenza. Il volumetto è corredato da disegni tratti dalle riviste ottocentesche che illustrano alcune delle varietà di cactus presenti nel giardino trevigiano. In appendice si trovano brevi note dedicate al palazzo e ai tre esponenti della famiglia Giacomelli a cui fa riferimento lo studio.
Il Museo Villa Bassi Rathgeb di Abano Terme con le sue ricche collezioni d’arte, rappresenta un esempio virtuoso per rendere il patrimonio culturale una esperienza condivisa dai propri cittadini, messa a disposizione dei visitatori italiani e stranieri. La pubblicazione di questa guida è il risultato della collaborazione tra il Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università di Padova e il Comune di Abano Terme per lo studio e la valorizzazione della villa e delle raccolte ricevute in dono dal bergamasco Roberto Bassi Rathgeb.
Il Veneto del Novecento è stato culla feconda di personalità di spicco che hanno lasciato un segno profondo nella letteratura e nell’arte: una di queste è sicuramente Giovanni Comisso che con i suoi libri, ricchi di straordinaria forza narrativa, ha lasciato alcune tra le pagine più belle e originali dell’Italia nel periodo cruciale tra la prima guerra mondiale e gli anni tumultuosi del secondo dopoguerra.
Questo volume si inserisce nell’ambito della progettualità della Regione del Veneto a favore della promozione della memoria dello scrittore trevigiano, con il riordino e la descrizione informatizzata del suo fondo documentario, per poter consegnare alle future generazioni lo straordinario concentrato di arte e vita di cui gli archivi di persona sono detentori.