Cini. Venezia

By michela,

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“Avevo un borsone di documenti che erano un lungo filo di lana la cui storia si tesseva attraverso i periodi travagliati di Venezia”. (Sandro Zara)

Uno spaccato di storia veneziana a ripercorrere il mondo della lana a Venezia fin dal 1200, accompagnati dal passo deciso della dinastia dello storico lanificio Cini. Un percorso tortuoso, contrassegnato da significativi avvenimenti storici e storie di vita vissuta, raccontato attraverso le voci forti di coloro che hanno sviluppato la storia della lana e nella rilettura del più antico saper fare. Una storia che non finisce, ma continua tutt’oggi grazie al passaggio di testimone da Giorgio Zava Cini a Sandro Zara.

 

Sandro Zara, imprenditore della moda. L’amicizia con l’ultimo discendente della Lanificio Cini, l’ha portato a rilevarne marchio ed archivi per realizzare una linea di abbigliamento legata anch’essa alla rilettura in chiave moderna di stili e tessuti del secolo scorso.

Pietro Ruo, giornalista e scrittore, ha lavorato per molti anni al Gazzettino, dove ha diretto le redazioni di Belluno e Treviso ed è stato caporedattore centrale a Mestre, dove ha concluso la carriera.

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Il Castello San Salvatore dei Conti Collalto

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Il castello di San Salvatore, testimonianza architettonica tra le più insigni della Provincia, sorge a fine Duecento sulla fascia collinare di sinistra del medio Piave per mano dei conti di Treviso i quali, a differenza di quanto accade in altre realtà urbane venete e italiane, formano dinastia e rigenerano il destino della stirpe al di là del fiume dove sono attestati sin dal tempo degli Ottoni. L’intento del fondatore, il conte Rambaldo VIII di Treviso, figura di alto rilievo in grado di porsi in relazioni con papi, re, imperatori è fare di San Salvatore la maglia base di una rete di centri fortificati in grado di garantire al casato il controllo dei passi sul Piave. L’ambizioso progetto lo riprende il figlio Schinella V, che completa e rinforza la recinzione del borgo. Centocinquanta anni di guerre al fianco di Venezia e il fervore artistico dell’età rinascimentale, che vede coinvolti artisti, decoratori, poeti e letterati, tutto in chiave di promozione del mecenatismo di famiglia. Tra le figure di primissimo piano del mondo letterario con cui entra in contatto sono Pietro Bembo e Pietro Aretino, a suo tempo ritenuto la penna più spregiudicata e riverita del Cinquecento nazionale. Dopo secoli di storia, alla fine del primo conflitto mondiale «purtroppo è perduto il gioiello, la gemma di tutti i castelli medievali non solo del Trevigiano, ma del Veneto tutto e forse dell’Italia». A cavallo di secolo e di millennio il nipote del conte Rambaldo porta a compimento l’opera di recupero del grande palazzo, per restituire all’antico maniero un volto di un tempo con nuove prospettive di vita.

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Motus Animi Continuus

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“Ci sono passioni forti, come quelle del calcio, e altre che invece pretendono il silenzio, come la fotografia, muta per la sua natura tecnologica e identità estetica. La fotografia, paradossalmente, è misteriosa, nonostante il suo realismo. È ambigua in modo subdolo e spesso pretende e sollecita di essere decifrata come un rebus”.

Le parole di Italo Zannier ben introducono al viaggio nei moti dell’anima del fotografo Daniele Macca. Un’indagine che racconta in un’intimità suadente e silenziosa di paesaggi, luoghi, persone rivelandone un’identità quotidiana originale e talvolta sorprendente. “Motus animi continuus” è un impulso creativo che accompagna e trascina l’artista. Il libro si sviluppa in tre percorsi: Venetia, Effigies e Architectura. “La fotografia”, conclude Zannier nella sua prefazione, “non va spiegata, ma guardata a lungo, anche dopo il primo impatto. E guardata in silenzio”.

 

 

Nato in Svizzera nel 1966, Daniele Macca si diploma grafico pubblicitario al Liceo Artistico “Michele Fanoli” di Cittadella (PD). A metà degli anni Novanta inizia la sua collaborazione con l’agenzia “Fotocronaca” di Romano Zamattia, che gli permette di fotografare i primi concerti, entrando così in contatto con il mondo della musica e dei suoi grandi interpreti. Dal 2009, intensificando la collaborazione con il Gruppo Gedi, Macca diventa apprezzato fotoreporter, creandosi un importante archivio fotografico.

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Aldo De Vidal

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“Sulle Dolomiti c’è un fiore bellissimo, la Primula meravigliosa. Un fiore di origine molto antica, che ha conosciuto le tormentate, difficili stagioni della formazione delle Alpi, gli aspri periodi delle glaciazioni, adattandosi a vivere su terreni freddi, oppressi dai lunghi inverni, dalle primavere tardive, dalle brevi estati e dai ventosi periodi autunnali. […] Allegoricamente questo elemento naturale può richiamare alla mente l’esperienza di alcune persone come poeti, letterati, artisti, studiosi spesso relegati ai margini della comunità di montagna, i quali hanno generato delle gemme di vitalità e di bellezza, lottando spesso contro una generalizzata diffidenza. Una di queste personalità è sicuramente il pittore cadorino Aldo De Vidal (1912 – 2006), artista capace di indagare e trasmettere l’ambiente circostante fatto di uomini e tradizioni, di lotte e di drammi, di natura e di sogni, contrastando sempre il pensiero della montagna mitizzata e sublime, consapevole che l’ambìta cima è un elemento effimero e casuale dettato dalla creazione del lungo processo distruttivo”.

Il catalogo della mostra a lui dedicata traccia i sentieri della sua vita, dalle origini, gli esordi e l’emigrazione in Argentina fino al ritorno e le nuove prospettive nelle quali sviluppa la sua piena affermazione artistica. Con gli anni Ottanta, i Murales di Cibiana e le grandi mostre a Pieve, Venezia e Roma e gli ultimi passi con mani sempre vivaci e al lavoro. Nell’opera sono inclusi racconti e poesie, con testi che documentano il suo patrimonio artistico fatto di disegni, incisioni, serigrafie e litografie che accompagnano tutta la sua produzione.

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Behind the Appearances

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«Cosa si nasconde dietro le apparenze? Quali scelte fanno muovere certe dinamiche, come dipingere un corpo fino a farlo sparire e confondere con l’ambiente circostante, svuotarlo del proprio significato e trasformarlo in uno strumento per esprimere idee e posizioni sulla vita, la società, l’arte? Interrogativi questi a cui gli artisti tedeschi Vera Lehndorff e Holger Trülzsch danno delle risposte precise e concrete attraverso Behind the Appearances, il nuovo progetto espositivo ospitato alla Galleria Regionale d’Arte contemporanea Luigi Spazzapan di Gradisca d’Isonzo.

“Dipingere il corpo di Vera è un tocco, una fatica d’amore; ed è, anche, simultaneamente l’eliminazione di quel corpo, tanto che esso non le appartiene più e non è più identificabile con lei. Il corpo umano si inserisce in un’immagine come in un contorno senza un centro. Visto privo della sua prospettiva illusionistica (anamorfica) il corpo si emancipa dalla sua materialità e diventa un’unità autonoma da dipingere e da scolpire”. Le parole di Holger Trülzsch descrivono perfettamente le intenzioni e il processo creativo messo in atto, la necessità di trovare nuovi punti di vista, l’essenza delle cose. Il sodalizio tra i due artisti, che risale al 1970 e che durerà per quasi tre decenni, porta alla realizzazione di numerose serie di body paintings – una sintesi di pittura, fotografia e performance – in cui, l’uso dell’affresco e delle tecniche anamorfiche, trasforma la natura effimera della pittura sul corpo, in immagini fotografiche illusorie, decadenti, piene di forza e pathos.

In linea con la tendenza sostenuta nelle precedenti esposizioni, di approfondimento dell’arte degli anni Sessanta e Settanta, la Galleria Spazzapan si appresta ad accogliere due artisti di rilievo internazionale con opere straordinariamente innovative, realizzate in un intenso periodo creativo che va dagli anni Settanta alla fine degli anni Ottanta.»

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Ultimate Landscapes

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L’inedita narrazione per immagini del fotografo Claudio Orlandi sui ghiacciai della catena Alpina e sulle strategie volte a preservarne la struttura e la presenza, invita a una riflessione globale sulla condizione del nostro pianeta in questo delicato momento storico. Ultimate Landscapes è un long-term project partito nel 2008 attraverso il quale il fotografo romano Claudio Orlandi, appassionato di montagna, riprende in differenti sessioni annuali l’evoluzione e la tecnica di “copertura” di questi ghiacciai, in sei campagne fotografiche i cui esiti sono esposti nella mostra dal titolo omonimo.

Le fotografie colpiscono per la loro grande forza e carica estetica. Rivelano solo in un secondo tempo ciò che in realtà rappresentano: grandi teli che ricoprono montagne, solo avvicinandosi e osservando con attenzione, si notano specchi d’acqua e altri dettagli che poco alla volta svelano la natura del soggetto nell’ampio paesaggio alpino. I cambiamenti climatici – divenuti sempre più rapidi e intensi – hanno suggerito interventi per ridurre la sempre crescente fusione dei ghiacciai, che costituiscono una risorsa importante sia in ambito paesaggistico naturalistico che nelle attività legate all’alta quota. Così, nei mesi tra giugno e settembre, ampie superfici di nevi e ghiacci sono coperte con teli bianchi (geotessili) che le proteggono dalla radiazione solare. Dopo le prime sperimentazioni, il pluriennale utilizzo dei geotessili ha confermato la loro utilità sia nella conservazione di neve e ghiaccio, sia nel rallentare la tendenza alla frammentazione dei ghiacciai.

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Raffaello

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Luciano Buso propone un nuovo metodo di studio e un nuovo approccio all’opera d’arte.

Osservando da vicino i dipinti, l’autore rileva come essi celino immagini e scritte poco visibili a occhio disattento.

Le ricerche condotte sui principali maestri delle più svariate epoche hanno condotto lo studioso a ritenere che gli artisti abbiano celato, nel magma dei colori, scritte e sorprendenti figure. Elementi che ci consentono oggi di comprendere nel profondo le opere d’arte e i loro autori, vere e proprie firme autografe che eliminano i dubbi che ancora ci assillano davanti a dipinti poco documentati storicamente o con attribuzioni incerte.

Questo innovativo approccio all’opera d’arte contribuisce ora nell’esame ulteriore di alcune tra le più significative opere di Raffaello.

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Regolamento della Sacra Infermeria di Malta. 1725

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La riedizione in fac-simile del Regolamento della Sacra Infermeria di Malta, nella sua versione del 1725, è accompagnata da un volume in tre lingue (italiano, francese e inglese) che raccoglie testi e commenti dei massimi esponenti dell’Ordine di Malta e di tre cardinali che con l’Ordine hanno un particolare legame: il cardinale Tomasi, Delegato del Papa per l’Ordine stesso, il cardinale Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura e il cardinale Grech, Segretario Generale del Sinodo e già Presidente della Conferenza Episcopale maltese.

L’edizione – curata dall’Ambasciata dell’Ordine presso la Santa Sede – aspira a focalizzare l’attenzione del lettore su quella che è l’originaria e sempre presente vocazione dell’Ordine di Malta: l’accoglienza e la cura dei malati, dei feriti, dei poveri e dei rifugiati. Si rende evidente come già secoli fa le strutture ospedaliere dell’Ordine di Malta rappresentassero un’eccellenza assoluta nel panorama della sanità europea e come l’Ordine abbia contribuito a determinare un “ethos” europeo e a dare un proprio contributo alla creazione di un’identità culturale europea.

“Può sembrare paradossale suggerire la lettura di un regolamento – scrive il cardinale Gianfranco Ravasi – i testi normativi si rivelano, sì, puntuali e calibrati, ma proprio per questo sono a prima vista aridi e distaccati… Eppure il lettore che si inoltrerà in queste pagine, peraltro scritte in un delizioso italiano settecentesco, si troverà di fronte ad una sorta di narrazione con una sua trama vivace e un intarsio ideale di immagini. Per certi versi gli sembrerà di seguire un’anticipazione, sia pur antica, delle fortunate serie televisive dedicate alla vita che si svolge negli ospedali coi suoi protagonisti, medici e pazienti, con sceneggiatura, quindi, che apre a sorpresa uno spaccato sull’alta qualità dell’assistenza in quella ‘Sacra Infermeria’ melitense, persino nettamente superiore all’attuale accoglienza che il malato incontra nelle nostre strutture ospedaliere”. 

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Miniartextil – Numero 30

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Il catalogo dedicato alla trentesima edizione di “Miniartextil” racconta i primi trenta anni di storia della nota manifestazione comasca: ideata da Mimmo Totaro e Nazzarena Bortolaso, dal 1991 “Miniartextil” porta a Como le visioni evocative e la creatività di grandi nomi dell’arte tessile nazionale e internazionale, accanto a quelle di giovani emergenti.

Cuore dell’esposizione sono 54 opere di piccolo formato, i minitessili cui dal 1997 si affiancano installazioni site-specific e opere di grandi artisti.

Per l’edizione 2021 è stata allestita una grande mostra alla Pinacoteca Civica con opere di Magdalena Abakanowicz, El Anatsui, Joel Andrianomearisoa e altri, mentre una grande installazione è stata appositamente realizzata dall’artista Stefano Ogliari Badessi.

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Metamorphosis

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Il volume è disponibile in pre-ordine scrivendo a editoria@graficheantiga.it

Il catalogo di “Metamorphosis”, mostra ideata dalla Fondazione Bortolaso-Totaro-Sponga, è una narrazione polifonica che disarticola una costellazione di voci, prospettive e saperi differenti. Le opere in mostra e presentate nel volume sono parte di un processo di contaminazione tra tecniche e media, tra tradizione e innovazione, riuso e ripetizione.

La mostra è un tentativo di negoziazione con la tradizione e l’abilità di adattarsi e continuamente reinventarsi, misurandosi anche con le invenzioni tecnologiche.

“Metamorphosis”, a Como, presso Villa Olmo, è una ricerca che vuole fare il punto sull’arte tessile contemporanea: presenti opere di Kounellis, Buren, Hicks, Ferroni, Solakov, Donzelli, Arsanios e molti altri artisti.

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