SANTIAGO & VISCONTI
TRACCE. Il culto dell’apostolo: il santuario spagnolo e un concorrente
San Giacomo e la basilica voluta dai signori lombardi
Impiccato l’inventore delle reliquie, fu poi il Doge a bloccare per sempre il cantiere. Compostela trionfò
Finì impiccato il 12 giugno 1397 per furto e omicidio un tal Filippo, contadino veronese di Lavagno che «aveva trovato le spoglie di san Giacomo sul monte Grigliano», e che su questa ultima propaggine di prealpi verso la pianura aveva dato avvio a un’enorme basilica a cinque absidi: rimasta incompiuta, è imponente la sola abside, che oggi domina l’autostrada A4; nelle intenzioni del Comune di Verona, doveva superare per grandezza e magnificenza tutte le chiese cittadine. Perché in quel posto, perché in quel tempo, perché la storia finì così miseramente per lo sfortunato cacciatore di reliquie? Solo la trovata di un impostore? Filippo, trovata l’urna di marmo con l’iscrizione «Jacobus», con ossa che potevano essere di qualunque Giacomo, gridò al miracolo e miracoli ci furono se la gente accorse e ne tornò sanata, nel periodo di guerre, carestie e pestilenze che segnò la breve dominazione dei Visconti su Verona. L’inventore di Giacomo tentò poi di trafugare le reliquie per portar le altrove e farsene riconoscere e magari pagare il merito, ma per non essere tradito da chi aveva ricevuto le confidenze sulle sue intenzioni, lo uccise per garantirsene il silenzio. Per questo delitto sarebbe stato giustiziato, secondo racconti che però sono di due secoli dopo. Chi invece scrive all’epoca dei fatti, (Maestro Marzagaia in De modernis gestis) afferma che l’impiccagione di Filippo «fu ingiusta».
Quel che finora era poco conosciuto, è che quell’urna non usciva dal nulla, ma dai ruderi di un sacello preesistente, intitolato proprio a san Giacomo, la cui esistenza è testimoniata da fonti molto più antiche dei fatti accaduti sul finire del Trecento. Ne parla Paolo Spolaore nel volume Sulle orme di Giacomo nel Medioevo delle Venezie (Terra Ferma Edizioni, 342 pagine, 25 euro). L’autore, medico cardiologo, ricercatore del Centro italiano di studi Campostellani, ha percorso il «Camino frances de Santiago» nel 1996 prima in bici e poi una seconda volta a piedi. Tornato da Santiago, ha voluto cercare in Veneto le tracce del Cammino jacobeo riuscendo a ricostruire una preziosa documentazione dispersa fra decine di archivi e testimonianze architettoniche e iconografiche dimenticate.
Il Versus de Verona composto durante il regno di Pipino (781-810) documenta culto e reliquie iacobee a Verona: «O felicem te, Verona… qualis es circumvallata custodes sanctissimi, qui te defendet… ab oriente habet primum martyrem Stephanum… deinde Petro et Paolo, Jacobo apostolo». Di che chiesa e di che reliquia si tratta? A Verona c’era la chiesa di San Giacomo alla Pigna con ospitale da 17 letti, vicino alla cattedrale, oggi scuola di musica. È citata in un documento del 1098 e potrebbe essere il complesso più antico tra gli edifici iacobeii del Veneto, ma non sta a oriente. L’oratorio San Giacomo di Galizia in Campo Marzo con annesso ospitale per pellegrini e 21 posti letto è edificato per atto testamentario l’11 maggio 1383; oggi è cappella dell’istituto Piccole Figlie di Lourdes. È vicino a Porta Vittoria o Porta Pellegrina che si apre sulla Postumia in direzione di Vicenza, ma è costruito 500 anni dopo il tempo in cui il Versus de Verona è scritto.
Chiesa di San Giacomo e Lazzaro detta anche della Rogna con annesso ospizio per lebbrosi: è oggi all’interno del Policlinico di Borgo Roma. Chiesa di San Giacomo di Galizia in via Valverde, dove oggi sorge l’ospedale militare: è citata anche come ospizio peri pellegrini in un documento del 1404. Altre chiese dedicate al santo di Galizia erano nella provincia veronese, e che senso aveva allora una «inventio» come quella di San Giacomo del Grigliano, per di più accompagnata dalla fosca vicenda di Filippo, con tentato furto di reliquie e conseguente omicidio? Lì esisteva già un sacelio dedicato a san Giacomo e secondo Spolaore il dominio visconteo ufficializza questo nuovo culto con intenti di natura politica, tanto da far assumere direttamente al Comune di Verona l’onere di edificare il grandioso tempio e da richiedere al papa Bonifacio IX, che lo concede nel 1397, il riconoscimento del giuspatronato (diritto di nominare un proprio sacerdote di fiducia a custodia del santuario). L’anno prima era venuto il vescovo di Piacenza a porre la prima pietra.
Perfino Antonia, figlia di Bernabò Visconte, passò da Verona e arrivò al Grigliano per essere miracolata da una incurabile infermità. Se ne tornò, secondo i cronisti, portando con sé un dito delle reliquie del presunto santo. Ma è insolito che proprio mentre si fa la scoperta ci siano nelle vicinanze costruzioni di chiese dedicate a San Giacomo di Galizia: vent’anni prima a Vicenza, dieci anni prima a Verona in Campo Marzo, come si è detto, e dieci anni dopo in via Valverde e sempre in quegli anni ci sono diversi testamenti di pellegrini in partenza da Verona per Compostella, che confermano la persistenza del culto e dell’interesse per il santuario iberico, nonostante fosse in costruzione quello del Grigliano.
I cui lavori però rallentarono e si fermarono definitivamente tra il 1400 e il 1413. Ai Visconti si era sostituita la Serenissima. «Non è da escludere», scrive Spolaore, «che gli interessi strategici di Venezia, non da ultime le sue relazioni con la Spagna, non siano stati alla base delle decisioni o non decisioni dell’allora governo veronese circa la prosecuzione dei lavori nella chiesa che da allora restò incompiuta». Ma come conciliare queste coincidenze con l’esistenza di un culto antichissimo a Verona per san Giacomo? Non è difficile se si considera che tra gli apostoli di Giacomo ce ne sono due (figlio di Alfeo e figlio di Zebedeo): a Verona ci sono più festività iacobee nella liturgia antica e un culto per Giacomo il minore che sembra precedere quello di Giacomo il maggiore.
Vittorio Zambaldo
Tale Filippo trovò le ossa del santo presso Verona e iniziò la chiesa
Finì sul patibolo come impostore
La Serenissima non voleva attriti con la Spagna
Ma se si trattasse dell’altro Giacomo il Minore?