Seguendo le tracce di San Giacomo
Il cardiologo Paolo Spolaore ha ricostruito il cammino della devozione dei pellegrini veneti
Il cammino di Santiago esisteva anche in Veneto, anche se ormai nessuno se lo ricorda più. È una sintesi, questa. Ma rispecchia il viaggio storico-letterario di Paolo Spolaore, veneziano, cardiologo e direttore di ospedale che oggi lavora a Castelfranco Veneto, nel Trevigiano. E che, dopo oltre tremila chilometri percorsi a piedi e in bicicletta sulle rotte dei pellegrini di mezza Europa, è finito per cadere sulla via di Damasco e ha deciso, col piglio dello scienziato, di epurare da emozioni e suggestioni queste esperienze, raccogliendo le prove di come, nel Medioevo, il culto di San Giacomo pulsava, e faceva camminare, anche in Veneto.
Sulle orme di San Giacomo nel Medioevo delle Venezie. Per antichi cammini alle origini di un culto sommerso (edizioni Terra Ferma, 341 ppgg, 25 euro) è il libro nel quale racchiude una sintesi, mai tortuosa, di questi percorsi.
Un lavoro costato quattro anni di ricerche (300 i testi in bibliografia, tra di loro un centinaio di manoscritti) che alla fine generano una conclusione inaspettata. Ebbene sì, il culto di San Giacomo, quell’humus di fervore cattolico per le reliquie e di desiderio di sondare l’Europa nascente, non era solo spagnolo. Anzi, sudava e sanguinava anche nelle Venezie. Poi, negli anni, la storia ha sancito la sparizione di molti tracciati locali e ha portato invece milioni di pellegrini tra la Spagna e la Francia. Ma questo, al tempo, non era preventivabile. Con uno stile puntiglioso e chiaro, da medico prima ancora che pellegrino, Spolaore analizza i cammini veneti (solo dal punto di vista storico, non propone mai mappe o itinerari da seguire) partendo dai dubbi storici sulla figura di San Giacomo. Ad esempio, testi liturgici dell’Ottocento conservati nella biblioteca capitolare di Verona farebbero pensare ad una origine del culto scaligero indipendente da quello compostellano. «Da questa analisi emergono alcune ipotesi inedite – spiega l’autore – sulle ragioni che giustificarono la difesa della Cristhianitas occidentale, non solo in funzione di barriera contro gli invasori arabi, ma soprattutto in funzione antieretica». La narrazione si snoda sempre su due livelli, emblema della tensione quotidiana dei pellegrini. Un livello verticale, verso l’alto, verso Dio, verso la fede. E un livello orizzontale, concreto, reale, materiale: gli ospitali, i luoghi di culto e le basi nelle quali si rifocillavano le anime. E qui l’autore sale sul proprio personale «elicottero storico» e racconta dall’alto questi itinerari in modo sistematico, ed è la prima volta che accade, tanto che l’Università di Santiago gli ha già permesso di presentare il testo agli studenti.
L’anteprima veneta del libro è fissata venerdì 14 novembre alle ore 18 al Teatro Accademico di Castelfranco, alla presenza, tra gli altri, di don Paolo Asolan della Pontificia Università Lateranense, di Pierantonio Piatti, del Pontificio comitato di scienze storiche e di Donato Gallo del Dipartimento scienze storiche dell’università di Padova.
Tracce, si diceva, che l’occhio attento trova disseminate in mezzo Veneto: ospitali, chiese, cappelle, monasteri di san Giacomo scomparsi e di cui non si conservano spesso nemmeno i toponimi. Ma che Spolaore è riuscito a sistematizzare. Citarle tutte è impossibile, basti pensare a Treviso col suo san Giacomo dello Schirial, o camminare sulla via Aurelia e trovare l’ospitale san Giacomo a Crespignaga (oggi dedicata a san Bartolomeo), o a Padova Ponte Molino. Ma anche a Verona, dove c’è il santuario incompiuto di san Giacomo del Grigliano, o sull’isola della Laguna, oggi abbandonata, di san Giacomo in Paludo, vicino a Torcello. «Esiste una civiltà del pellegrinaggio sommersa», chiude l’autore. «Una visione di insieme di grande fascino, che apre nuove finestre e che aiuta a riscoprire le radici della nostra identità».
Mauro Pigozzo