Il cibo che ha reso grande Venezia
La cucina come identità al centro del nuovo lavoro del sociologo trevigiano Ulderico Bernardi
Grande dovette essere lo stupore di Enrico III, re di Francia, quando in un giorno del 1574, ospite della Serenissima, nel corso di un sontuoso banchetto a Palazzo Ducale, con tremila convitati, si vide rompere tra mani il tovagliolo che stava portando alla bocca. Nessuna stregoneria, peraltro: semplicemente, la salvietta era fatta di zucchero, così come le posate, i piatti, e perfino due leoni collocati sulla mensa regale. Era solo una delle varianti dell’arte dell’imbandire e della stessa cucina in cui la Repubblica di San Marco era maestra riconosciuta in tutta Europa; e dove raffinatezze della gastronomia si sposavano al lusso dell’apparato. Ne parla con dovizia di particolari ma anche di richiami letterari Ulderico Bernardi nel suo ultimo libro “Venetia Fragrans – cucine e identità a Nordest” (Terra Ferma Edizioni, 167 pagine, 14 euro). Sociologo trevigiano di lungo corso, l’autore è tra le voci più genuine e al tempo stesso autorevoli delle radici profonde di un Triveneto che costituisce un inesauribile giacimento di tradizioni tali da plasmarne il carattere: un processo in cui gli elementi cosiddetti poveri, apparentemente marginali, hanno concorso a determinare un’identità assolutamente unica. Non si possono capire le specificità politiche, economiche, sociali di queste terre, senza esplorarne i mille rivoli che in esse si riversano: incluse quelle legate alla tavola. Già in altri lavori, estesi anche alle Venezie fuori d’Italia frutto delle grandi migrazioni tra Ottocento e Novecento, Bernardi aveva messo in luce le componenti del mangiare e del bere, con i loro agganci sugli usi e costumi della popolazione specie contadina; in questo suo contributo, sale di livello evidenziando come e quanto il patrimonio di cultura gastronomica ereditato dalla Serenissima nella pluralità delle sue articolazioni territoriali continui ad abitare il presente, facendo dell’odierno Nordest un’area di eccellenza per un turismo che alla passione dell’arte e del paesaggio unisce sempre più anche quella della buona tavola. Bernardi è convinto che l’identità alimentare dei popoli offra una straordinaria opportunità per vagliare le persistenze culturali che si mantengono anche attraverso il tumultuoso mutare della storia. Il libro non è un puro e semplice trattato di gastronomia, ma un viaggio negli usi e costumi che hanno concorso a determinare la specifica cultura di una Serenissima espressione come nessun’altra realtà storica di un’identità plurale sviluppata attraverso la diplomazia, i commerci, le intraprese imprenditoriali, perfino le guerre. Un’Onu ante-litteram, la definisce con felice immagine Bernardi, citando un filosofo francese del Seicento, Emérique Crucé, che individuava proprio Venezia come luogo ideale per “una città in cui tutti i sovrani tenessero stabilmente i loro ambasciatori, affinché le vertenze che eventualmente insorgessero fossero composte dal giudizio di tutta l’assemblea”. L’esplorazione di Bernardi si sviluppa anche a livello del quotidiano popolare, incluse consuetudini diventate veri e propri riti, tipo la proverbiale uccisione del maiale. Il libro sarà presentato in Ateneo Veneto, a Venezia, martedì 11 febbraio alle 17.30.
Francesco Jori
(Corriere delle Alpi, 05 febbraio 2014)