Com’è green Venezia
[IoDonna]
"Qui si affacciava Isadora Duncan. Là Yoko Ono". Sangue blu nelle vene, amica di Peggy Guggenheim, e innamorata della sua città, una nobildonna apre il suo taccuino segreto e ci regala uno sguardo d’eccezione. Lungo i giardini riparati da augusti cancelli. Che grazie a lei si schiudono. E si lasciano raccontare.
La laguna come una lama, i motori della imbarcazioni che sfumano nuvole d’acqua in orizzonti ovattati: ha un fascino diverso Venezia in novembre, il mese in cui è più facile aprire le porte meno turistiche della città. Si può scoprire, per esempio, che la matassa di verde che spunta dai muri pastello di campi e campielli conduce a inaspettati giardini, la stanza più segreta dei palazzi nobiliari, come nella migliore tradizione bizantina che arrivò fino qui.
Tudy Sammartini, di una stirpe di sangue blu giunta in laguna dai boschi del Cadore, di questa natura che sboccia tra l’acqua e la pietra ha fatto un nuovo punto di vista sulla città, armando negli anni mappe e itinerari.
Il suo ultimo libro, "Venezia verde. I giardini della città d’acqua" (Terra Ferma Editore), raccoglie tutte le oasi lussureggianti di cui lei stessa apre le porte a manipoli scelti di visitatori (per prenotazioni: veneziasammartini.com) arricchendo il tour di aneddoti del tutto fuori dalle cronache ufficiali. «In questo lembo verde, sotto l’albero di Giuda, il presidente francese Mitterrand ha assaggiato la nostra pasta con i fagioli» racconta appena di là della soglia del giardino di Palazzo Balbi Valier a Dorsoduro, per lei di famiglia. «Da qui si affacciava Isadora Duncan e da questo portone entrava l’uomo da cui ebbe i suoi figli. Lì invece stava Yoko Ono». Continua facendosi strada tra aceri giapponesi, ortensie, vite americana infuocata dalla stagione e altre sorprendenti commistioni tra Oriente e Occidente che ripetono nella natura quello che è da sempre il destino della città.
«È tradizione a Venezia avere in tutte le stagioni fiori profumatissimi, perché questa è una città cresciuta sulla palude» spiega ancora Tudy lasciandosi alle spalle l’affaccio sul Canal Grande e intraprendendo strette calli fino al traghetto placido che ci porta alla Giudecca e al parco del nuovo showroom Fortuny, aperto al pubblico su appuntamento: un giardino all’italiana con piscina al centro e fantasie di fiori e foglie che riproducono i disegni dei leggendari tessuti. «E dove la contessa Gozzi accoglie i suoi ospiti»: è sempre la voce della guida che si mette sotto i piedi Venezia come un tappeto consueto.
Attraversato di nuovo il Canale, eccoci dunque nel retro della Fondamenta delle Zattere, dove si trovano gli ultimi due parchi d questo tour di assaggio: il giardino di San Sebastiano, pertinente all’hotel omonimo, in cui architettura e verde dialogano alla perfezione, e il giardino di Ca’ Zenobio (o Collegio degli Armeni), contenuto tra la costruzione di Pietro Gasperi e un edificio con facciata di scuola palladiana, che rispecchia di un lato e dell’altro ordini e geometrie.
Vista tra le felci, roseti antichi, conifere e palmeti, la Venezia da cartolina è davvero molto lontana.
di Giulia Calligaro