Il Trentino raccontato dagli chef

16.01.2011

[L’Adige]

Il libro – Sedici protagonisti della cucina locale per il volume curato da Giuseppe Casagrande e Nereo Pederzolli

Possono le cipolle, le patate, la polenta e, ancor più, i germogli di ortica, la più bistrattata e odiata delle erbe spontanee, rendere un piatto sublime? Senz’altro sì, parola di gourmet, purchè le varie pietanze siano preparate con amore, cura e passione. La grande cucina non è fatta solo di foie gras, aragoste e caviale.
Lo ha sottolineato Giuseppe Casagrande, critico enogastronomico dell’Adige, coautore con Nereo Pederzolli del volume «La cucina trentina» (ventesimo volume della collana «Tecete» di Terra Ferma edito in collaborazione con la casa editrice Panorama di Trento, foto di Cristiano Bulegato) in occasione della presentazione dell’opera.
Casagrande ha preso spunto da uno dei piatti più umili della cucina trentina, la minestra di ortiche, piatto assaggiato trent’anni fa a Rovereto nella mitica «cambusa» di Gigi Caresia (il «Pellegrino Artusi del Trentino»), per inquadrare una cucina di frontiera che per collocazione geografica e
culturale ha dovuto fare i conti nel corso dei secoli con le ristrettezze economiche di un territorio aspro e difficile da domare, ma che ha saputo utilizzare al meglio le poche risorse a disposizione: piante officinali, ortaggi, funghi, frutta spontanea.
«Strangolapreti», «tonco de pontesel», «smacafam», «tortel de patate», «sguazet»: sono alcuni dei mille piatti tipici di una cucina (quella trentina) etichettata spesso come «povera». E in effetti, per
secoli è stato così quando nelle valli del Trentino era la polenta (assieme ai cavoli, ai fagioli e alle patate) l’alimento-base delle popolazioni di montagna visto che gli insaccati, le uova e il formaggio venivano venduti per racimolare quelle poche lire indispensabili per sopravvivere.
Cucina «povera» – dicevamo – in contrapposizione con la cucina opulenta delle corti nobiliari, dei principi-vescovo, dei ricchi prelati e dell’alta borghesia. Il momento di maggior splendore per la
cucina trentina fu sicuramente quello che coincise con il Concilio Tridentino, un vero e proprio summit internazionale che per 18 anni (dal 1545 al 1563) fece di Trento una sorta di «caput mundi».
Durante quegli anni la cucina trentina visse una sorta di Rinascimento con un trionfo di piatti raffinatissimi confezionati con prodotti che solo i potenti dell’epoca potevano permettersi: dal prosciutto di San Daniele del Friuli allo stoccafisso delle isole Lofoten, dai formaggi francesi alle primizie orticole del Meridione d’Italia per non parlare dei vini siciliani. I banchetti – raccontano i
cronisti del tempo – si protraevano per più giorni ed erano arricchiti dall’apporto di diverse culture e tradizioni gastronomiche, visto che vescovi e cardinali erano accompagnati dai rispettivi cuochi di corte.
Tutte queste «contaminazioni» gastronomiche trovano riscontro anche nella cucina odierna attraverso una serie di pietanze che si rifanno di volta in volta alla cucina danubiana, alla cucina boema, alla cucina tirolese, alla cucina bavarese, alla cucina veneta, lombarda o emiliana. Così accanto ad una versione arricchita dei «knödel» (canederli) troviamo il «goulasch», il «tortel de patate», la polenta «carbonera», la «panada», il «brò brusà», il «baccalà», la «torta Simona». Tutte ricette della nonna rielaborate in occasione della realizzaazione del libro da sedici chef che fanno parte delle Osterie Tipiche Trentine.
Le 52 ricette sono state scelte tra quelle pubblicate nel 1989 dalla casa editrice Panorama per la «Trentini nel mondo». Molto spazio il volume dedica anche al vino e ai distillati, grande patrimonio del Trentino.
«La vite, sulle Dolomiti – ricorda Nereo Pederzolli – è uno dei più importanti indicatori ambientali.
Sancisce limiti, scandisce il territorio. Senza tentennamenti. È la pianta che meglio interpreta la fatica dei montanari. Gente che dalla propria vigna ha sempre ricavato sollievo, non solo economico. Vino semplice, franco, buono come solo le cose schiette sanno esserlo».
I sedici chef che hanno realizzato le ricette sono: Giorgio Iori (ristorante El Pael, Canazei), Maurizio Tait (ristorante Costa Salici, Cavalese), Massimiliano Arer (locanda delle Tre Chiavi, Isera), Massimo Sommariva (ristorante Hotel Foresta, Moena), Maurizio Arienti (ristorante Le Giare, Pozza di Fassa), Maurizio Boscolo (ristorante El Barba, Malè), Achille Leonardelli (ristorante Ca’ dei Boci, Montagnaga di Pinè), Marco Salvadori (ristorane Cant del Gal, Tonadico), Federico Parolari (osteria a Le Due Spade dal 1545, Trento), Ivano Dossi (locanda D&D, Nogaredo), Stefano Bertoni e Diego Rigotti (ristorante Castel Toblino,Sarche di Calavino), Marcello Franceschi (ristorante al Forte Alto, Nago-Torbole), Armando Nicolussi (ristorante Villa Madruzzo, Trento), Sergio Eccheli e Francesco Antoniolli (ristorante Osteria al Vò, Trento), Antonio Rimmaudo (ristorante Il Catenaccio, Rango di Bleggio Superiore), Giuseppe Prencipe (ristorante da Pino, San Michele all’Adige).

Marianna Graziani