La grande mostra di Giorgione a Castelfranco ha prodotto anche un libro sulla sua cucina
[La Domenica di Vicenza]
Il cinquecentenario della morte di Giorgione (Castelfranco 1477/’78 – Venezia 1510) ha prodotto non solo le importanti mostre allestite nell’omonima Casa Museo della sua città natale (140.000 visitatori da dicembre ad aprile scorsi) e, da fine agosto fino al prossimo 20 dicembre, nel veneziano Palazzo Grimani, riaperto recentemente dopo accurato restauro, ma anche varie pubblicazioni tra cui si segnala, per la sua originalità, il secondo volume, dopo il primo dedicato a Palladio (Nelle cucine di Andrea Palladio), della collana "I luoghi della modernità", ideata e curata dal vicentino Giuseppe Barbieri, direttore del Dipartimento di Storia delle Arti e Conservazione dei Beni Artistici dell’Università Ca’ Foscari, per la Banca FriulAdria-Crédit Agricole e Terra Ferma. Incuriosisce lo stesso titolo Déjeuner sur l’herbe con Giorgione/L’invenzione del paesaggio moderno e la cucina del territorio (Terra Ferma).
Giorgione inventore del paesaggio moderno
L’elegante monografia, corredata da un ricchissimo e raffinato apparato fotografico, con immagini di grande formato anche a piena pagina, presenta anzitutto un interessante contributo scientifico (La formazione dello spettatore – lettore. Giorgione e il paesaggio moderno) in cui lo stesso Barbieri, mediante un’accurata analisi comparativa delle opere, e dei relativi studi, non solo di Giorgione, ma anche di altri artisti (in grande risalto soprattutto l’Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna, un importante incunabolo con suggestive xilografie, stampato a Venezia da Aldo Manuzio nel 1499, esposto anche alla mostra di Castelfranco), giunge a dimostrare che il pittore di Castelfranco è il vero inventore del paesaggio moderno nel quale le figure, delineate successivamente alla ricognizione grafica di un luogo, trovano, per la prima volta nella storia pittorica italiana, armonica integrazione. Con una precisazione però: «Non basta – osserva Barbieri – essere moderni, occorre prima o poi essere percepiti come tali; perché ciò accada, bisogna saper trasmettere la propria modernità, ed esiste praticamente un unico modo: è indispensabile costruire nel proprio pubblico qualche nuova attesa, facendo intravedere un diverso modo di procedere e fornendo degli esiti convincenti. Sappiamo che, per molti versi, Giorgione riuscì in questa difficile impresa».
In tal modo viene fatta opportuna chiarezza non solo sulla "tizianizzazione della pittura veneta", ma anche sull’influenza di Giorgione su Caravaggio (nel quattrocentesimo anniversario della morte).
Giorgione, precursore di Manet
Ma il risultato più importante di questa indagine di Barbieri è costituito dall’affinità che egli coglie tra Giorgione (in particolare per il Concerto Campestre del 1510 ca.) e Edouard Manet la cui opera Déjeuner sur l’herbe del 1862-’63, ben descritta nella sua concezione dall’amico Antonin Proust, ha suggerito, per un insolito effetto a ritroso, il titolo che, con le espressioni Déjeuner sur l’herbe con Giorgione. L’invenzione del paesaggio moderno e la cucina del territorio, indica in sintesi, anche alla prima lettura, il contenuto dell’intero volume.
Giorgione e l’arte gastronomica nei saggi di Davide Paolini e Claudio Benporat
La cui valenza va ben oltre gli aspetti artistici, perché il territorio, o meglio il terroir, come viene più precisamente definito l’ambiente agroalimentare, trova ampia trattazione anche nelle altre due sezioni del volume, incentrate su progetti gastronomici, introdotti dal "gastronauta" di Radio 24 e del Sole 24 Ore Davide Paolini e dallo storico della cucina, soprattutto medioevale e rinascimentale, Claudio Benporat.
Con il suo intervento Il sapore del paesaggio Paolini, prendendo spunto da un’idea di I. Calvino per il quale «il vero viaggio… implica… un inghiottire il paese visitato nella sua fauna e flora, nella sua cultura… facendola passar per le labbra e l’esofago», crea una cornice ideale alle proposte gastronomiche, ispirate alle tematiche giorgionesche, di cinque rinomati chef veneti tra cui anche il vicentino Enzo Gianello de L’Altro Penacio che, dopo aver presentato il suo progetto Autunno nel piatto, dichiara: «Alla fine il mio piatto ricorda davvero l’autunno, il suo titolo non è casuale, e nemmeno usurpato. I colori sono bruni; la vivacità ell’estate, la violenza di certi colori si è dissolta. Le foglie di vite assomigliano alle nuvole scure che fanno presagire il cattivo tempo, una settimana e non un’ora di pioggia…».
Spetta poi a Benporat con il dotto saggio La rivoluzione alimentare. Il Rinascimento e la rivincita dell’orto, il compito di inquadrare storicamente, nell’ambito dell’individuazione di "una nuova visione edonistica", libera da "ogni vincolo etico, morale e religioso", la "traduzione, riscrittura e aggiornamento", ad opera di ristoratori soprattutto veneti, ma con una presenza anche bavarese, di dodici ricette pubblicate in testi italiani tra il XV e il XVIII secolo. Il tutto ben documentato da "appetitose" e invitanti immagini fotografiche, oltre che da disegni degli stessi cuochi/designer, e "condito" da incastonature pittoriche di opere attentamente studiate da Barbieri.